Manenti torna a parlare
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 Published On Nov 2, 2023

Fissa l’appuntamento al tavolo di un McDonald’s, periferia nord di Milano. «Qui la mattina non c’è nessuno, si sta tranquilli». Si presenta con un quarto d’ora d’anticipo, tuta di acetato nero e verde dell’Asd Serenissima di Limbiate. «Alleno i ragazzi dell’età di mio figlio più piccolo, il terzo. Ha 14 anni. La più grande lavora, quello di mezzo va all’università. Li ho avuti da tre donne diverse, sono stato un po’ sportivo, diciamo, con due di loro vado d’accordo». Campetti a parte, Giampietro Manenti non fa nulla. Se gli si pone la domanda di un tempo — «Scusi, ma lei che lavoro fa?» —- ri-sponde: «Avevo qualche soldo da parte, per il resto mi aiutano gli amici. Dopo quel che è successo a Parma, è cominciato il declino. Essere descritto come un delinquente ha creato diffidenza».

In questi anni il presidente più improbabile della Serie A è diventato un fenomeno social, un meme. Nel 2015 acquistò il Parma per un euro, bypassando i controlli di Figc e Lega. Tre settimane dopo fu arre- stato in un’inchiesta della procura di Roma sul riciclaggio. Si presenta meglio di allora, e non ci voleva molto. Non fosse per i capelli più radi, a 53 anni sembra più giovane rispetto alle fugaci apparizioni che lo hanno reso famoso. Una su tutte, un cult su Youtube: conferenza al Tardini, giornalisti che lo incalzano sulla consistenza dei suoi affari, lui che mastica la gomma, risponde male, svicola, snocciola le sigle del suo presunto impero, Mapi Ambiente,Mapi Energia, Mapi Channel. Mapi Group, con sede in una casa colonia- le in Slovenia. Mapi, da Manenti Pietro. «Pesavo cento chili, venti più di oggi. Non dormivo la notte. Guida- vo una Skoda nuova di pacca, ma dai giornali fu descritta come un catorcio. E dire che per il mio stile casual mi soprannominavano Marchionne. Come provocazione, in- dossai una vecchia giacca di mio nonno. Mi mancava un dente, li stavo sistemando», ricostruisce ora, con un sorriso ordinato.

Mapi è andata in liquidazione a gennaio 2022, al capitale minimo mancava un euro. La Skoda, invece, non poteva circolare: multe non pagate, bloc- co amministrativo. Prese il Parma «da capofila di una serie di imprenditori». I giornali scrissero che, pressato dai creditori, provò a scappare in Slovenia. Lui ripete la sua verità di allora. «Ero a Monaco di Baviera da possibili investitori. La proprietà precedente del Parma aveva lasciato solo debiti e portato via anche i materassi e le lenzuola. Di me si è scritto di tutto, ma sono una persona a posto. Ho studiato Agraria, lavorato in Eni e in Isagro. Parlo inglese, spagnolo e po-lacco, grazie alla mia compagna. Ho lavorato anche in Russia e Ucraina come consulente nella chimica».

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