LA STORIA DELLA CAGIVA MITO
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 Published On Premiered Sep 26, 2019

nel Dicembre del 1984, al Motor Show di Bologna, nacque la storia di un Mito, quando venne presentata la prima di una lunga serie: l’Aletta Oro S1
Classico telaio tubolare a doppia culla con forcellone in acciaio, forcella anteriore da 35mm e mono posteriore Marzocchi regolabili, doppio freno flottante Brembo serie oro da 220 mm, cerchi in alluminio e 124 kg di peso a secco.
Il motore, derivato dal motocross, non era molto raffinato, ma abbastanza potente, con miscelatore automatico e raffreddamento a circolazione forzata, contralbero anti vibrazioni e valvola allo scarico modificata. Sotto i 7000 giri/min rimaneva fiacco, ma fino ai 9000 spingeva forte i 21 cv disponibili raggiungendo i 140 km/h.
Il 1987 finalmente vede l’introduzione del segmento sport quando il leggendario Massimo Tamburini, ispirandosi alla Ducati Paso crea la Freccia C9. Prima collaborazione di Tamburini con la famiglia Castiglioni e anticipo della rinascita di Ducati ed MV Agusta più tardi, la C9 rappresentava un gran cambiamento rispetto alle S1 ed S2.
Moderno telaio doppia trave in alluminio, anteriore sempre da 35 mm marzocchi con freni Brembo da 260 mm, cerchi in alluminio e gommatura Pirelli 100/80 con cerchio da 16 ant. e 110/80 con cerchio da 17 post.
Il motore si basava sul progetto S1 precedente, ma con decisive modifiche: cilindro in alluminio, Carburatore dell’orto da 28 mm ricalibrato, adozione di bilanciare, trasmissione rivista e doppia valvola di scarico CTS a comando meccanico, una a saracinesca e una a risuonatore combinata con il sistema CPC power chamber, dove attraverso un appropriato collegamento veniva sfruttato il movimento dell’albero motore, facendo aprire gradualmente la valvola tra i 7000 e i 7500 giri garantendo migliori prestazioni lungo tutta la velocità; sfruttando i 24,5 cv ad un massimo di 156 km/h.
Arriva così il 1988 quando a Bologna venne portata alla luce un’evoluzione del progetto C9, a poca distanza: la C10R.
Sempre disegnata da Tamburini la C10R alzava la potenza a 27 cv ed eliminava l’utilizzo della Power Chamber di risonanza, adottava un nuovo gruppo termico e una valvola di scarico migliorata.
Venne prodotta poi in serie limitata Anniversary di soli 500 esemplari con prima marcia rivista, pneumatico posteriore più largo (130/70), valvola di scarico elettronica, aggiornamento di biella e albero motore e carburazione rivista.
Sempre ad un solo anno di distanza, nel 1989 Cagiva rinnova ancora il suo modello proponendo la C12R che non si differenziava solo per carenatura, colorazioni, ed impianto frenante con disco maggiorato, ma introduce un’importante novità: il cambio 7 speed a sette marce.
Ma poco prima, nel Maggio del 1990 venne presentata la vera evoluzione della C12R, modello che riscriverà la storia; la prima Cagiva Mito 125.
La moto riportava il telaio doppia trave come sulla C12R, ma passando dall’acciaio all’alluminio.
Il forcellone posteriore in alluminio era ora curvo, detto “a banana” sul lato destro alloggiando la parte finale dello scarico, lo sterzo venne inclinato di 25° e l’avancorpo modificato di 98 mm.
La forcella anteriore Marzocchi passa a 38 mm regolabile nel precarico, disco freno singolo all’anteriore, cerchi da 17” in alluminio e gomme da 100/80 ant e 140/70 post.
123 kg a secco per la naked e 129 per la carenata.
Il blocco motore rimane lo stesso della versione precedente, con valvola CTS e cambio 7 speed ma modificato nel sistema di scarico, una nuova scatola filtro, un radiatore ricurvo più largo, corona a 43 denti invece dei 41 della C12 e carburatore dell’orto 28 diversamente calibrato.
30,2 cv a 10500 giri e una velocità massima tra i 163 e i 165 km/h.
Nel 1992 il Centro Ricerche diretto dal buon Tamburini seguiva lo sviluppo del marchio Cagiva e di Ducati, che all’epoca era sotto il controllo della casa di Varese, così il designer Sergio Robbiano decise di riproporre le linee della Ducati 916 da lui disegnata facendo nascere la Mito Ev.
Ciclistica migliorata con un nuovo ammortizzatore di sterzo, airbox ed espansione ridisegnati e carburatore Mikuni da 35 mm invece del 28 dell’orto del modello precedente, cambio a sette marce, 30 cv e 172,3 km/h.
Nel 1996 arrivano però le brutte notizie con l’introduzione della patente A1, ovvero l’imposizione di una potenza massima di 11 kw ai 125 stradali.
Qui la Mito viene depotenziata perdendo il cambio a 7 marce in favore di 6 velocità, una nuova espansione e il ritorno al carburatore da 28 mm.
La SP525 arriva nel 2008 ricalcando il design dell’ultima Cagiva utilizzata nel Motomondiale, la C594 di Kocinski del 1994.
Adotta un carburatore a controllo elettotronico con centralina dell’orto per poter rientrare nell’omologazione euro 3, monitorando l’apertura della ghigliottina, i giri motore e la sua temperatura, modificando la quantità di miscela introdotta nel motore, la rasatura d’accensione e il regime d’apertura della valvola di scarico.

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