Il clandestino, un investigatore a Milano con Edoardo Leo
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 Published On Apr 27, 2024

È visibile dall’8 aprile su Rai Uno (poi recuperabile su Rai Play) Il clandestino – Un investigatore a Milano, serie crime-comedy prodotta dalla IIF di Fulvio e Paola Lucisano con Rai Fiction. 12 episodi da 50’ circa per un totale di 6 serate sulla rete ammiraglia della Rai, eccezion fatta per lunedì 29 aprile quando causa “Giornata internazionale della danza” deve lasciar posto a Viva la danza con Roberto Bolle, slittando al martedì.
Diretta da Rolando Ravello, nato attore sotto l’egida di Ettore Scola e poi divenuto regista cinematografico e televisivo discretamente apprezzato; Il clandestino è soprattutto l’occasione per un attore lanciatissimo come Edoardo Leo di cimentarsi con quello che può essere considerato il filone più robusto della serialità televisiva “made in Italy”: il detective-movie, che un tempo avremmo non a caso chiamato “giallo-poliziesco”.
La teoria è sterminata: Il commissario Montalbano con Luca Zingaretti tratto dai libri di Andrea Camilleri, I bastardi di Pizzofalcone con Alessandro Gassmann da Maurizio De Giovanni; Monterossi con Fabrizio Bentivoglio da Alessandro Robecchi, L’ispettore Coliandro dei Manetti Bros. con Gianpaolo Morelli da un’idea dello scrittore Carlo Lucarelli, Makari di Michele Soavi con Claudio Gioè da Gaetano Savatteri, I delitti del Barlume con Flippo Timi da Marco Malvaldi; Petra con Paola Cortellesi da Alicia Giménez Bartlett, Le indagini di Lolita Lobosco con Luisa Ranieri da Gabriella Genisi; cui volendo potremmo aggiungere anche Imma Tataranni - Sostituto procuratore con Vanessa Scalera liberamente tratta dai romanzi di Mariolina Venezia.
Come si vede si tratta di una fioritura produttiva che domina il mercato in maniera preponderante, basata per lo più su una figura come il detective privato totalmente estranea al nostro ordinamento giuridico e anche alla nostra cultura; qualcuno dice per la pregiudiziale antifascista che ci ha resi congenitamente scettici verso questa tipologia sociale di giustiziere della legge (non solo della notte) molto legata alla tradizione letteraria e cinematografica americana; dall’hard boiled di Dashiell Hammett e Raymond Chandler giù giù fino alla produzione hollywoodiana “reazionaria” incarnata dai miti legalitari di Clint Eastwood e Charles Bronson (che hanno avuto in seguito una significativa replica italiana nel cosiddetto “poliziottesco”).
Leggendo la sommaria rassegna di cui sopra vi è un altro elemento che balza agli occhi: tutti i personaggi sopra elencati hanno avuto una precedente vita romanzesca o comunque una genesi in qualche modo letteraria. Il clandestino no: è basato su un soggetto originale; e ciò costituisce il primo tratto di assoluta originalità, tanto per far bisticciare le parole. Gli autori del concept e dei singoli script della serie sono Ugo Ripamonti, Renato Sannio e Michele Pellegrini; che nel pressbook la descrivono così: “L’intenzione era raccontare, attraverso gli occhi di un protagonista che sta espiando una colpa gigantesca, un mondo in cui bianco e nero non esistono, ma vengono sostituiti da infinite sfumature di grigio.”
Il secondo elemento che consente alla serie di Ravello di distinguersi dalle altre è la sua ambientazione, che non si limita a essere semplicemente una location. È molto di più, è spunto narrativo e anima dello show: Il clandestino è ambientato a Milano, la città più multietnica d’Italia, nella quale accanto alla moda e alla finanza vi sono fenomeni socialmente rilevanti come ad esempio quelli determinati da una immigrazione massiccia che qui palesa alcuni suoi aspetti problematici. Come precisano ancora i tre sceneggiatori: “Quello che ci affascinava fin dall’inizio è che dietro la sua immagine di città ricca, efficiente e cosmopolita si cela una metropoli piena di contrasti e contraddizioni, in cui mille etnie diverse si mescolano tra le strade in una Babele di lingue e culture. Un’arena in cui l’alto e il basso si mescolano costantemente creando conflitti e, dunque, storie.”
Lo si vede nel primo episodio che narra la fertile ma non sempre pacifica vicenda degli immigrati magrebini di seconda generazione che ormai parlano con spiccata cadenza meneghina, spacciano il fumo e rappano la trap; e sono un fatto acclarato, un dato sociologico, che diventa arte canora nazional-popolare; come, Mahmood che vince due volte Sanremo ed è cresciuto nel quartiere periferico del Gratosoglio, o Ghali nato a Milano da genitori tunisini nella periferia milanese di Baggio prima di dare scandalo per aver pronunciato un’ovvietà scandalosa soltanto per chi non vuol vedere.
Oppure nel sesto episodio in cui la cronaca si fa nerissima e attuale: le famigerate le gang latine, bande di figli di immigrati sudamericani armati di machete che imperversano da anni nelle periferie milanesi, qui a Corvetto. #cinema #film #movie #tv #intrattenimento #viaggiare #perte #famiglia

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