Pietro Mennea è certamente tra le storie più belle che lo sport italiano ha potuto raccontare e vivere nel corso del Novecento.
Nato in una modesta famiglia di Barletta, il padre era sarto, la mamma casalinga con altri tre fratelli e una sorella. Dopo le medie si iscrisse a ragioneria. Un curioso aneddoto racconta che all'età di 15 anni, su uno stradone di Barletta, sfidò in velocità una Porsche e un'Alfa Romeo 1750 a piedi, sui 50 metri, battendole entrambe e guadagnando le 500 lire per pagarsi un biglietto d'ingresso al cinema o un panino. Stava nascendo una stella di prima grandezza dell’atletica italiana. Il 20 aprile del 2011, nell’ambito di un viaggio che stavo svolgendo per la realizzazione di un mio libro, scritto con il caro Pasquale D’Addato, ho voluto che fosse Pietro Mennea stesso a raccontarmi la sua storia della quale ne avrei parlato nel libro dal titolo “Nino e il calcio di rigore” (edizioni neomendiaitalia – www.neomediaitalia.it).
A Roma, presso la sede della sua fondazione che porta il suo nome, due anni prima che la morte lo portasse via, sopraggiunta il 21 marzo del 2013, Pietro Mennea mi ha raccontato qualcosa di sé. Un incontro/intervista, come al solito a braccio, intenso, forte, emozionante. Come di quegli incontri che restano nella memoria, che non c’è giornalista capace di dimenticare.

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