Vajont 60 anni dopo il disastro - Esploriamo la diga, la forra, scopriamo le cause della frana (1°P)
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 Published On Sep 24, 2023

Una delle più grandi catastrofi geologiche mai viste, 60 anni fa sconvolse la valle del Vajont, causando un'immane tragedia con quasi 2000 vittime. Alle 22.39 del 9 ottobre 1963 un'enorme frana con un fronte di 2 km si staccò dal monte Toc precipitando repentinamente nel lago artificiale sbarrato dalla diga del Vajont, da poco completata e ancora in fase di collaudo. La caduta della frana produsse un'onda da 50 milioni di metri cubi d'acqua, alta 200 metri che scavalcò la diga e precipitò a valle, inondando 5 paesi nella piana del Piave, tra cui Longarone che venne completamente raso al suolo.
Sono almeno tre i gravi errori che hanno condotto al disastro: aver costruito la diga in una valle non idonea dal punto di vista geologico; aver innalzato la quota del lago oltre i limiti di sicurezza; aver omesso di dare l'allarme la sera del 9 ottobre per consentire di evacuare la popolazione dalle zone a rischio.

In questo reportage in due parti vi proponiamo l'esplorazione della zona del disastro, dove cercheremo i resti del cantiere della diga e della vecchia teleferica. Poi visiteremo la forra del torrente, dove è possibile trovare ancora oggi dei rottami divelti dalla violenza dell'acqua durante il terribile evento di quella notte. Nella seconda parte del video (di prossima pubblicazione) entreremo nelle zone tecniche della diga, dove si trovano alcune parti degli impianti realizzati all'epoca dalla SADE. Visiteremo le gallerie dove si trovava la vecchia centrale del Colomber, vedremo come era costruita la diga e come funzionava la cabina comandi con i suoi sofisticati strumenti di misura. Esamineremo le opere del lago Vajont residuo, scoprendo il tipo di interventi che sono stati eseguiti dopo il disastro per abbassare il livello del lago e mettere in sicurezza la valle, con la breve storia del nostro piccolo rov galleggiante costruito per esplorare l'interno della galleria di bypass.

La diga del Vajont, capolavoro di ingegneria
La genesi del progetto nella sua versione definitiva ebbe inizio nel dopoguerra, seguendo le indicazioni del governo che chiedeva alle imprese elettriche un massiccio incremento della produzione per favorire la ripresa economica; la diga del Vajont era parte di in un grande impianto idroelettrico denominato "Piave-Boite-Maè-Vajont". Esso era mirato a massimizzare lo sfruttamento dell'acqua grazie ad una grande diga, la più alta del mondo, pensata come il fulcro dell'intero sistema denominato "grande Vajont". Il lago artificiale così creato avrebbe avuto la funzione di accumulo stagionale, in cui raccogliere l'acqua proveniente da diverse valli collegate con 60 km di gallerie per poter produrre energia senza limitazioni in ogni periodo dell'anno, e soddisfare così la forte domanda elettrica da parte delle industrie del paese in piena fase di crescita economica.

L'artefice del progetto dell'invaso nella valle del Vajont era Carlo Semenza, un ingegnere milanese dipendente SADE dalle doti straordinarie nel campo dell'ingegneria idraulica, e considerato all'epoca uno dei massimi esperti mondiali nella progettazione di dighe.
Nel 1943 iniziò l'acquisizione dei terreni dei comuni di Erto e di Casso, e negli anni successivi venne portato a termine l'esproprio dei terreni privati, nonostante l'opposizione di una parte della popolazione. Nel settembre del 1956 iniziarono i lavori di sbancamento in roccia, dopo aver allestito un grande cantiere dotato di una forza lavoro di 400 operai. La diga venne completata nel settembre del 1960. Solo 4 anni per costruire quella che allora era la diga a doppio arco più alta del mondo, la seconda in assoluto. 261,6 metri di altezza, 190 di larghezza, spessa 22,6 metri alla base e 3,40 metri alla sua sommità, composta da 353.000 metri cubi di calcestruzzo. Ma se la diga venne costruita in modo impeccabile secondo le tecniche più innovative, non vennero condotti studi approfonditi sulla consistenza dei versanti, in quanto all'epoca la prassi non prevedeva tali indagini, perché si prendeva in considerazione solo la zona di impostazione della diga. Infatti fino al 1959 la grande frana era del tutto ignota ai tecnici, e anche il professor Dal Piaz nella sua relazione non aveva evidenziato criticità sulle sponde del futuro invaso. Nel 1959 la diga era quasi completata, e con le prime prove di invaso iniziarono i guai: venne scoperta sul versante sinistro una lunga spaccatura nel terreno a forma di M che sembrava delimitare un'enorme frana in lento movimento. Il conto alla rovescia per la catastrofe era iniziato.
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https://progettodighe.it/
http://www.ertoecasso.it/vajont.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Disastr...

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